Ve le ricordate le feroci critiche scatenate a febbraio del nuovo logo del Metropolitan Museum di New York, anche conosciuto come The Met?
No? Vi rinfreschiamo la memoria.
Lo scalpore probabilmente nasceva dal fatto che il precedente logo è stato realizzato nel 1971 ed è ritenuto un capolavoro della grafica. Il logo è composto dalla lettera M sovrapposta ad un cerchio e ad un quadrato e a delle diagonali che ricordano l’Uomo Vitruviano di Leonardo ed è stato letteralmente preso da una delle opere esposte al museo, per l’esattezza da una xilografia di Fra Luca Pacioli, collaboratore di Da Vinci.
Il nuovo design è opera dell’agenzia Wolff Olins che lavora a livello globale e ha sede sia su New York che Londra. Anche il nuovo logo prende ispirazione a sua volta da un’opera esposta, il Tempio di Dendur.
THE MET è composto da 2 parole, una sopra all’altra; eliminati gli spazzi tra le lettere, le grazie si fondono l’una all’altra in modo armonioso mantenendo la leggibilità.
In realtà il cambiamento, in voga dal 1 marzo 2016, non riguarda solo il logo e la brand identity generale ma anche l’apertura della nuova sede nel vecchio Whitney. Gli intenti erano quelli di rendere il museo visivamente più coerente, migliorarne la percorribilità e rinnovare il tono facendo particolare attenzione anche a quei media che nel 1971 di certo non venivano considerati.
Mesi dopo ci sentiamo di dire che ci sono riusciti, nonostante le critiche sferzanti come “Typographic Bus Crash”, il logo funziona, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo in ambito digitale.
Quindi cambiare o non cambiare?
Certo è che per l’ennesima volta un cambiamento ha fatto parlare di se, com’è innegabile che le persone, i clienti ed i media abbiano una particolare passione per i loghi, gli attribuiscano importanza e nella maggior parte dei casi si sentano coinvolti al punto di avere un’opinione.
Per quanto i cambiamenti facciano paura resta il fatto che non passano inosservati, ora sta a voi decidere se è il momento di cambiare o no.
A presto,
Lisa